Lo spray peperoncino è sempre più al centro dell’attenzione mediatica nel nostro Paese, specialmente negli ultimi mesi. Se ne parla spesso (forse troppo) nei salotti della Tv, sui siti online di numerose testate giornalistiche, in radio e, ovviamente, sui social. Improvvisamente, l’informazione pubblica si occupa quotidianamente di questo strumento di difesa personale, analizzandone aspetti negativi e positivi, nonché i fenomeni sociali ad esso correlati.
Sono bastati alcuni episodi di cronaca negli ultimi mesi (l’ultimo la tragedia della discoteca di Corinaldo) a far scatenare un dibattito acceso circa la sua validità e utilità, e nell’opinione pubblica, e sui media. Insomma, ne parlano tutti. Eppure, appena qualche mese fa la parola “spray peperoncino” non era tra quelle più ricercate sul web, contrariamente a quanto accade oggi, dove commenti e discussioni si spendono facilmente: dai casi di cronaca che parlano di un utilizzo improprio delle bombolette OC nei luoghi pubblici, alle polemiche sulla necessità di commercializzarlo.
Talvolta, si ha come l’impressione che ad essere in atto negli ultimi mesi sia una vera e propria campagna di demonizzazione di questo dispositivo, divenuto anche oggetto di contrapposizione politica, tra chi ne difende la sua utilità sociale e chi lo identifica come mezzo che incita alla violenza. In altri termini, si è persa la concezione dello spray OC come un valido strumento atto a tutelare l’integrità fisica della persona in caso di aggressione.
Certamente, una riflessione seria sulle possibili conseguenze sociali che lo spray antiaggressione comporta soprattutto tra i giovani va fatta, così come sulla legalità e provenienza di alcuni di essi. Per questi motivi, si rende necessario oggi più che mai un intervento normativo concreto da parte delle istituzioni, allo scopo di regolamentare e rendere più restrittiva la vendita al dettaglio. Allo stesso tempo, è importante che anche l’informazione faccia la sua parte, disciplinando i cittadini a un utilizzo appropriato e necessario.